Vista l'attuale situazione politica italiana, ritengo che solo la convocazione di una Nuova Assemblea Costituente possa fornire al nostro paese quella scossa di cui abbiamo bisogno.
Ritengo necessario riprendere alcuni temi che avevo trattato in un mio libretto pubblicato nel 1996 dalla Joppolo Editore, in quanto ancora molto attuali, specie in un momento come questo, nel quale è necessario uno scatto di Orgoglio Nazionale, una scossa morale che faccia uscire la nostra società dallo stato di catalessi nel quale si trova e che, soprattutto, curi la depressione morale e psicologica nella quale stiamo vivendo.
Dato che ritengo sia assolutamente importante che si cominci a parlare subito di questo tema, ho fatto alcune correzioni veloci, tagliando alcune parti che potevano non essere più attuali. Questo può causare alcuni salti logici poco comprensibili, me ne scuso in anticipo, ma invito tutti a guardare la Luna ... e non il dito!
Premessa
L’aspro
dibattito che ha animato, e tuttora anima, lo scenario politico
italiano a partire dallo scioglimento delle camere e le successive
elezioni, ha evidenziato, in tutta la sua urgenza, la questione della
riforma istituzionale in Italia, sia nella forma di stato (federale o
regionale) che nella forma di governo (presidenziale,
semipresidenziale, parlamentare).
Nelle passate legislature si sono avvicendate diverse Commissioni
bicamerali, ricordiamo quella presieduta dall’On. Ilde Jotti ,
quella dell’On. Ciriaco De Mita e la
Commissione Bicamerale presieduta dall'On. D'Alema, aventi,
come fine ultimo, lo scopo di studiare ed introdurre concrete
modifiche alla struttura costituzionale.
Tali
tentativi sono falliti, non essendosi verificati i necessari
presupposti per l’approvazione del Parlamento e nell'ultimo anno abbiamo assistito ad un vero e proprio panorama
babeliano, nel quale i partiti politici esistenti hanno cercato di
ritagliarsi un proprio spazio vitale, disposti a sacrificare i propri
principi all’altare di mosse tattiche ed elettorali.
Così,
fra una battuta e l’altra, un insulto ed un altro, si buttano là
proposte e controproposte, proclami di guerra e calumet di pace,
alimentando quello che ormai, a buon ragione, è stato definito il
teatrino della politica italiana, i nostri politici si alternano
sulla scena, ripetendo gag e battute ormai consunte, rubandosi a
vicenda argomenti e proposte, alla ricerca di un applauso che, ormai,
tarda a venire.
Dunque,
che fare? Se riforma istituzionale deve essere (e deve!), è
opportuno che sia realizzata con criteri di logicità, con
approfondite analisi e meditate risposte politiche, non prima di aver
ascoltato il parere del popolo sovrano con l’unico strumento
democratico fino ad oggi conosciuto, ovverosia le elezioni!
Il
processo di creazione di un modello istituzionale richiede pazienza,
ricerca, onestà mentale e, soprattutto, idee chiare circa il modello
di Stato che si vuole realizzare.
Si
tenterà di dimostrare, infatti, che la concezione ideologica che
sottostà al modello di Stato progettato dalla nostra Costituzione
non appartiene alla tradizione liberale e laica dello stato di
diritto, quanto, piuttosto, a quella degli Stati etici, con
ribaltamento della legittimazione; non è il cittadino che dà
legittimità allo stato, ma è lo Stato che legittima o meno il
cittadino-suddito.
La Costituzione italiana
La Costituzione italiana
Analizzando la nostra costituzione si capisce che la
principale preoccupazione dei Padri Costituenti è stata quella di
evitare, il più possibile, che un qualche organismo statale possa
assumere un ruolo predominante.
Emblematica,
in questo senso, è la scelta compiuta a proposito del modello
istituzionale, in particolare per quanto concerne la definizione del
ruolo e dei metodi elettivi relativi alla figura del Capo dello
Stato.
Esclusa
totalmente ogni ipotesi di Repubblica Presidenziale, il ruolo e la
figura del Presidente della repubblica appare come un semplice
notaio, una figura rappresentativa, un custode silente degli
equilibri istituzionali, senza alcun potere reale1
e, conseguentemente, alcuna responsabilità2.
Ad
un Capo dello Stato trasformato in notaio, corrisponde un
Presidente del Consiglio dei Ministri di chiara estrazione
parlamentare, dato che proprio dal Parlamento il Governo deve
ricevere l’investitura per poter governare.
L’organo
di massima garanzia costituzionale, dunque, appare il Parlamento,
luogo di incontro di uomini che, nella previsione costituzionale,
rappresentano la Nazione, esercitando la propria funzione senza
vincolo di mandato7.
Questa
alta affermazione del principio di indipendenza del singolo deputato,
trova un limite nella mancata previsione di metodi atti a garantire
tale indipendenza e sovranità.
In
realtà, il fatto che venga costituzionalmente previsto un
particolare ruolo per i partiti politici, chiamati a concorrere “con
metodo democratico a determinare la politica nazionale8”
senza che, per questo, si preveda una regolamentazione democratica
della loro organizzazione interna, fa si che, di fatto, i veri
detentori del potere siano, proprio perché privi di ogni controllo e
contrappeso, proprio i partiti politici.
Una chiosa: siamo sicuri che il Movimento 5 Stelle applichi il metodo democratico al proprio interno o non si configuri, sempre più, come una sorta di setta dominata da una diarchia di guru?
Una chiosa: siamo sicuri che il Movimento 5 Stelle applichi il metodo democratico al proprio interno o non si configuri, sempre più, come una sorta di setta dominata da una diarchia di guru?
Il
sistema clientelare instauratosi all’ombra dei partiti, i veri
padroni dei beni pubblici, ha teso, per decenni, a premiare coloro si
mostravano integrati al sistema stesso, coloro che ad esso erano
confacenti, comprimari e consapevolmente riconoscenti.
A
partire dal 1991, con il primo referendum per eliminare la
possibilità di preferenze multiple sulla stessa scheda elettorale,
il sistema dei partiti cominciava a perdere colpi16
Con
il successo del referendum che aboliva la quota proporzionale nel
sistema elettorale per il Senato, veniva inferto un colpo decisivo
(almeno questa era l’intenzione dei proponenti) al sistema
partitocratico.
A
nessuno può sfuggire, però, come la nostra Costituzione non sia più
adeguata, nelle sue previsioni di forma di stato e di governo, a
regolare i rapporti sociali di una realtà nazionale tesa verso una dimensione non più nazionale, ma
europea.
Le
principali questioni sono, ad oggi, quelle relative al federalismo (con un freno alla degenerazione del regionalismo attuale, reale causa dell'aumento del debito pubblico),
al metodo per l’elezione del Presidente o, piuttosto, del Primo
Ministro, la questione della legge elettorale, la divisione o meno
della carriera nell'ambito dei magistrati, la riforma del Consiglio
Superiore della Magistratura, il concetto di eleggibilità e le cause
di ineleggibilità elettive.
La
stessa composizione del Parlamento è oggetto di discussione, dato
che alcuni auspicano il passaggio dal bi al monocameralismo ed una
forte riduzione del numero dei deputati.
Tutte
questioni alle quali non possiamo non aggiungere quelle relative alla
politica delle comunicazioni, del rapporto fra proprietà pubblica e
proprietà privata e che implicano un profondo ripensamento dei
valori ai quali deve ispirarsi un nuovo modello istituzionale.
La
realtà contemporanea impone una serie innumerevoli di sfide, sia in
ambito internazionale che in quello nazionale, alle quali nessuna
nazione, men che meno la nostra, può permettersi di sottrarsi e la
nostra Carta sembra non essere adeguata per consentire di
affrontarle e vincerle.
Conservazione o evoluzione ?
Calamandrei
scrisse:
“.... la Costituzione non è una
macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La
Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove:
perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il
combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la
volontà di mantenere queste promesse, la nostra responsabilità”
La
nostra Carta proclama una
serie di alti principi, disegna un percorso istituzionale, ma, in
definitiva, è strutturata per consentire distorsioni e omissioni.
Stato Etico e
sistema corporativo
Molte
volte si parla di Stato etico contrapposto allo Stato di Diritto ed
alla concezione laica dello Stato, riferendosi ad una concezione
ormai superata o, semmai, affine alle teocrazie che si sono affermate
nelle cosiddette repubbliche islamiche.
In
realtà, lo stato etico continua a sopravvivere in molte nazioni,
colorandosi, molte volte, di nazionalismo o, altre volte, come stato
sociale.
Lo
Stato assurge, in questo contesto, a valore più alto, si rivela il
mezzo ed il fine, lo strumento attraverso il quale la Nazione, intesa
come unitarietà di popolo e cultura, può raggiungere i propri
obiettivi in termini di affermazione di sé, sia che si proponga il
raggiungimento di una purezza etnica sia che voglia perseguire, come fine, il
raggiungimento di valori immateriali come la felicita o la giustizia.
In questa concezione, molto diffusa, non è lo
stato che si pone al servizio del cittadino e che trae
legittimazione dalla volontà popolare, quanto, piuttosto, una struttura altra, che legittima,
con la propria esistenza e le proprie regole, l’operato dei
cittadini, ai quali richiede l’adempimento dei doveri di
solidarietà, concede il privilegio della proprietà, purché
subordinata ai propri interessi, garantendo, in compenso, almeno
sulla carta, lavoro e benessere.
Nella
concezione di Stato laico, al contrario, l’accento viene posto sulla
libertà del singolo cittadino, sul suo diritto all’uguaglianza
giuridica, all’affermazione dei precetti dello Stato di diritto,
all’interno del quale non vi è alcun privilegio per l’Ente
statale, ma esso appare soggetto alla legge esattamente come il
cittadino comune.
Non
già, quindi, lo Stato come portatore di valori, bensì come insieme
di volontà, coordinatore e gestore dei beni comuni, regolatore del
mercato attraverso l’emanazione di leggi e non come soggetto
attivo.
Per decenni la
convergenza di interessi fra oligarchia politica e oligarchia
finanziaria ha prodotto un sistema istituzionale apparentemente
fragile, in realtà in grado di garantire una certa stabilità, poco
importa se basandosi sul disavanzo pubblico e sullo spreco
sistematico di risorse umane e finanziarie.
Così,
facendo leva sulla previsione costituzionale, non si accetta che
venga rimesso in discussione l’intero impianto costituzionale, ma
si pretende di far credere che si possano risolvere le molteplici
contraddizioni istituzionali attraverso semplici ritocchi, quali
quelli realizzabili con i tempi ed i modi previsti dall’articolo
138.
Ben
diverso impatto potrebbe avere, al contrario, una revisione radicale
e sistematica dell’intera Costituzione; revisione realizzabile
però, solo attraverso la convocazione di una nuova Assemblea
Costituente, dato che solo attraverso questo sistema si potrebbero
affrontare compiutamente tutte le problematiche fin qui esposte, a
partire dalla concezione di stato che deve sottostare alla
costruzione legale.
Stato di
diritto e Stato Laico
Lo
Stato etico, dunque, viene concepito come entità che possiede
un’anima ed un pensiero proprio, al di sopra dei cittadini, i
quali sono chiamati a contribuire, con le loro forze, siano esse
fisiche che economiche, al suo mantenimento, al fine di consentirgli
di raggiungere lo scopo per il quale esso esiste.
Uno
scopo, un fine, che sembra sfuggire alla maggior parte di coloro che
nello Stato vivono e del quale sono, per certi aspetti, sudditi, ma
del quale non possono che essere partecipi.
All’interno
di questa struttura, coloro che incarnano la missione statale, ne
interpretano il pensiero, ne coordinano le azioni, non possono che
essere coloro che, al contrario della maggioranza dei cittadini, in
virtù di doti particolari, riescono ad immedesimarsi con esso, a
diventare un tutt’uno con lo spirito dello Stato, in definitiva,
persone che appartengono ad una ristretta
inevitabilmente posti al di sopra di tutti gli altri.
Per
quanto tutto questo possa apparire, a prima vista, del tutto
paradossale, lontano dalla struttura politica disegnata dalla nostra
Costituzione, in realtà, come i fatti degli ultimi cinquant'anni
dimostrano, proprio questo è avvenuto e proprio su questo si regge
il sistema politico italiano.
Quali
possibilità di controllo democratico può esercitare, oggi, il
singolo cittadino, l’elettore che non può influire sulla scelta
dei candidati, che non può concorrere alla formazione della linea
politica del proprio partito d’elezione, neppure iscrivendosi a
questo?
Nello
Stato di diritto, al contrario, tutti, a partire dall’organizzazione statale,
sono sottoposti all’osservanza delle leggi e, quest’ultime,
vengono emanate da rappresentanti del popolo, in nome e per conto del
popolo, al servizio del popolo.
Uno
Stato di diritto non si pone come fine, non persegue il
raggiungimento di ideali, di unificare nazioni, obbedire a precetti
divini.
Esso,
più semplicemente, tenta di assolvere a quello che ritiene un
preciso dovere, garantire l'efficienza della macchina dello stato;
efficienza necessaria soprattutto per garantire veri servizi e,
quindi, veri spazi di democrazia.
Una
funzione, dunque, di pura amministrazione di quello che è l’unico
patrimonio collettivo, il benessere e la ricchezza dei singoli
cittadini, la soddisfazione delle loro richieste legittime, nel
rispetto della volontà della maggioranza e della tutela delle tante
minoranze, sociali, culturali, religiose che in esso si trovano a
convivere.
Non dovendo perseguire obiettivi sovrannaturali, lo stato laico non
ha bisogno di faraoniche burocrazie autoriproducentesi, di
tecnostrutture spersonalizzate; ha, piuttosto, la necessità di una
struttura semplice e snella ,allo scopo di avvicinare sempre di più
lo stato al cittadino.
Il
regionalismo, nel caso italiano, poteva rispondere a questa esigenza,
se solo non si fosse scelta la strada della loro burocratizzazione,
la ripetizione in ambito più ristretto, delle inefficienze centrali.
Progressivamente,
così operando, si prosciugherebbero i mille rivoli che portano acqua
al fiume dell’oligarchia partitocratica, restituendo dignità ai
cittadini, finalmente liberi di scegliere e di sbagliare, ma con la
certezza di correre pochi rischi, potendo rimediare dopo pochi anni
con una nuova tornata elettorale.
Sicuramente,
dato che nessuno può essere legittimato a rappresentare l’idea
dello Stato, la burocrazia statale dovrebbe subire una profonda
modifica, riportando il Governo alla sua funzione primaria, quella di
responsabile della Pubblica Amministrazione.
Così
i Direttori Generali dei Ministeri dovrebbero essere nominati dal
governo, per coerente gestione amministrativa e restare in carica per
la durata del mandato governativo.
Il
parlamento potrebbe benissimo essere monocamerale, eletto con metodo
uninominale ad un turno unico, in presenza di una normativa
elettorale che imponga lo svolgimento, con metodo predefinito ed
obbligatorio, di elezioni primarie.
Dovrebbero
essere eletti con metodo proporzionale, invece, i membri degli alti
organi di controllo, come ad esempio la Corte Costituzionale.
In
quest'ottica di decentramento democratico e di reale coinvolgimento e
partecipazione dei cittadini, la paura di una figura forte, quella
del Presidente, verrebbe a perdere consistenza.
I Diritti
Fiscali dei Cittadini
Nell’ambito di questa rivoluzione copernicana, il cittadino si troverebbe, finalmente, ad essere il vero motore, il fulcro dello Stato.
Non
più, quindi, soggetto passivo, mezzo attraverso il quale si esprime
lo spirito dello Stato, ma causa prima di ogni azione statale.
In
nessun’altra nazione del mondo occidentale, infatti, il
cittadino-contribuente è obbligato al rispetto di regole ed
adempimenti come in Italia, oltretutto senza alcuna certezza e con
pesanti sanzioni per banali errori anche solo di carattere formale.
Questa
diffidenza trova la propria radice proprio nella nostra Carta, la
quale, rifiutando il diritto dei cittadini di esprimersi nei
confronti delle leggi fiscali, sceglie una filosofia di finanza
pubblica molto simile a quella delle monarchie pre Rivoluzione
Francese.
Portando
a termine l’auspicata rivoluzione copernicana, passando dal
complesso al semplice, consentendo ai cittadini un effettivo
controllo sulle spese dello Stato, attraverso un rafforzamento delle
autonomie locali (regioni e comuni), sicuramente sarebbe molto più
agevole di quanto lo sia oggi rendere effettivi questi principi di
democrazia economica.
Il
fatto che gli elettori non possano influire su decisioni di questa
importanza, attraverso le quali si decide della vita di tutti i
cittadini, basta a farci comprendere la struttura fortemente
oligarchica, elitaria ed etica della nostra attuale Costituzione.
I limiti della
Costituzione
Prima
di analizzare in dettaglio alcuni aspetti particolarmente
significativi della nostra Carta fondamentale, preme riportare alcuni
commenti di Sergio Ricossa, scritti in tempo reale, dato che egli,
allora studente, fu testimone attento ed accorto dei lavori della
Costituente.
Ricossa, nel 1949, chiosava:
La costituzione italiana ammette tutto, proclama che l'iniziativa
privata è libera, ma aggiunge che non può svolgersi in contrasto
con l'utilità sociale.
Poiché l'utilità sociale è ciò che vogliono i partiti al
potere, l’iniziativa privata è costituzionalmente fottuta se al
governo vanno i comunisti.
Quesito: a che servono le costituzioni?
Sintesi della morale capitalistica: chi ha, è. Chi non ha, hai.
Ma il bello del capitalismo è proprio quando consente libertà
avventurose, picaresche, da gioco d'azzardo.
Le libertà della Fortuna.
Il barbone che diventa miliardario e il miliardario che diventa
barbone. Il palazzo dorato, che alla fine crollerà e la soffitta
bohème.Il meglio del capitalismo sono i suoi vizi.35
ed ancora:
Prolusione di Giuseppe Maranini all'Università di Firenze.
Mi insegna due cose. La prima è che non basta saper leggere, si
rimane analfabeti finché non si contrae il vizio di leggere.
La seconda, è che l'Italia si avvia ad essere non una democrazia,
bensì una partitocrazia.
Poscritto: Da lui sentii per la prima volta la
parola 'partitocrazia', che diverrà un luogo comune. Ora mi è
chiaro che il seme della partitocrazia era nella costituzione. La
massa dei costituenti volle una 'democrazia dei partiti' , che
implicava lottizzare le risorse e il potere politico. niente
governabilità del Paese senza coalizione di partiti cementate
dall'antifascismo.
La Dc vinse le elezioni del 1948, non vinse la possibilità di
governare da sola, nemmeno per un po' di tempo. poche le scappatoie
permesse dalla costituzione: per esempio, il referendum popolare
abrogativo, che infatti i partiti odiano.36
Alcune crepe nell’impianto generale della Carta
sono emerse con il tempo, lasciando intravedere, dietro una facciata
dall’apparenza perfetta, una grande quantità di lati oscuri,
impalcature mal disposte, strutture portanti mal costruite.
Un Regime
Oligarchico
Il principale difetto della nostra Carta Costituzionale, al di là di quanto sopra esposto, è che essa risulta priva di ogni difesa contro eventuali usi distorti che possano essere fatti dei suoi principi basilari.
La
struttura dell’ordinamento costituzionale riflette la classica
ripartizione fra potere legislativo ed esecutivo.
La Costituzione prevede
per il Parlamento un ruolo centrale.
Ricordiamo
solo l’art. 67, il quale recita testualmente:
Ogni
membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed
esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.
A
nessuno, quindi, può sfuggire l’alto ruolo che, ad ogni singolo
componente delle due Camere, la Costituzione assegna.
A
fronte di tanta investitura di importanza e, quindi, di
responsabilità, nessuna norma della nostra Carta si preoccupa di
chiarire lo status ed i criteri di selezione di questi importanti
soggetti istituzionali.
L’unico
riferimento all’esistenza di forme organizzate per influire sulla
scelta ed il coordinamento dei membri delle assemblee parlamentari lo
ritroviamo all’art. 49, il quale, laconicamente, si limita a
recitare:
Tutti
i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti
per concorrere con metodo democratico a determinare la
politica nazionale.
Il
riferimento al metodo democratico sembra limitarsi al
confronto elettorale ed al criterio al quale deve ispirarsi la legge
elettorale.
Nulla
si prevede a proposito del metodo democratico che, al contrario,
dovrebbe regolare anche la vita di questi organismi così essenziali
per l’equilibrio istituzionale.
Che
l’osservazione non sia peregrina lo dimostra l’art. 39, il quale,
al secondo e terzo comma recita testualmente:
Ai
sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro
registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di
legge.
E’
condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati
sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
Al
comma successivo, recita, in maniera ancora più esplicito:
I
sindacati registrati hanno
personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente, in
proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti
collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli
appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
Quindi,
quando la Costituzione vuole richiamarsi a criteri di democraticità
interna di associazioni che rivestano particolare importanza, lo
esplicita chiaramente.
Il
fatto che taccia, a proposito dell’organizzazione dei partiti,
organismi ed associazioni al quale viene affidato un compito non
secondario, cioè la determinazione della politica nazionale, lascia
intendere che i costituenti si trovarono d’accordo nel lasciare
liberi questi organismi di gestirsi come meglio credevano.
Da
qui le radici della partitocrazia, ovverosia di un sistema politico
di fatto dominato dalle segreterie dei partiti.
Una
vera e propria oligarchia che vede arrivare al proprio vertice
soggetti non sempre e non chiaramente rappresentativi della volontà
della totalità degli iscritti.
Dal
combinato disposto di due omissioni, l’una relativa
all’affermazione di un principio di democrazia interna dei partiti,
l’altra alla definizione dello status del membro parlamentare, con
conseguente regolamentazione dei criteri di selezione e scelta dei
candidati, discende un controllo ferreo e soffocante delle segreterie
dei partiti sull’attività dei singoli parlamentari.
Il
fatto che la scelta dei candidati da presentare nelle liste
elettorali sia diventata prerogativa delle segreterie dei partiti,
rende subordinati, come vassalli, gli eletti alle cariche
parlamentari.
Solo
coloro che obbediscono ai comandi delle segreterie possono sperare di
avere la possibilità di essere rieletti, perché saranno questi
vertici oligarchici che decideranno se il singolo deputato o senatore
potranno essere inseriti di nuovo in lista.
Partitocrazia..........ma
non solo
Abbiamo
visto come, di fatto, la nostra Carta nulla abbia fatto per impedire
che , progressivamente, l’organo istituzionale al quale doveva
essere assegnato un ruolo centrale, il Parlamento, si
ritrovasse a svolgere un ruolo sempre più marginale, di
notaio certificatore di accordi che venivano presi altrove.
Le
segreterie dei partiti hanno potuto assumere un ruolo debordante, al
di fuori di ogni previsione istituzionale.
Questi
organismi privati, non vincolati ad alcun tipo di controllo
istituzionale, regolamentati da semplici statuti di carattere
privatistico all’interno dei quali può essere esclusa, di fatto,
ogni autentica procedura democratica, si ritrovano ad avere il potere
di decidere i candidati da inserire o escludere.
In
questo modo, di fatto, hanno svolto una funzione di surroga della
stessa volontà popolare, la quale è chiamata ad esprimersi solo
sulla base di programmi generici, non vincolanti, molte volte
raffazzonati all’ultim’ora, perfino scopiazzati far le varie
forze politiche.
Il
collante fra di queste aggregazioni posticcie e l’elettorato è
stato, in genere, il voto negativo, il voto “contro”.
I partiti si sono andati trasformando i macchine burocratiche
e burocratizzanti, tese ad un unico obiettivo: il controllo globale
della società, soffocando ogni minimo accenno di indipendenza e
responsabilità individuale.
Arroccando
la società in tante associazioni, alcune obbligatorie, si è indotto
il cittadino a pensare che egli, come singola entità, valesse solo
come elettore semiattivo.
Sindacatocrazia
e dintorni
Alla
burocrazia partitica ed alla oligarchia costituita dai segretari di
partito, si è poi aggiunta un'altra grande forza oligarchica, quella
sindacale.
Progressivamente,
stravolgendo ed impedendo, di fatto, l’attuazione dell’art. 39, i
principali sindacati, patrocinati dai partiti al potere, hanno finito
per svolgere, sempre più, un ruolo politico più che di tutela
dell’interesse contrattuale dei lavoratori.
Pur
senza aver rispettato le previsioni costituzionali, non essendo mai
stati istituiti i previsti registri, mentre si moltiplicavano gli
adempimenti ai quali erano e sono tenuti i comuni cittadini,
imprenditori e non, neppure nella parte in cui viene stabilita la
rappresentanza in proporzione al numero degli iscritti, i grandi
sindacati confederali, oltre a stipulare contratti collettivi di
lavoro, hanno trattato con i governi per l’emanazione di decreti e
di norme sia in campo normativo ma, ancor di più, finanziario e
previdenziale.
In
base ad un distorto concetto di rappresentatività dei lavoratori -
tutto da dimostrare perché, non essendo organi rappresentativi,
possono rappresentare solo i propri iscritti e non la totalità dei
lavoratori - , i sindacati confederali hanno, di fatto, gestito
l’INPS ed imposto propri rappresentati nelle aziende pubbliche e
private, attraverso il meccanismo delle RSA, metodo sancito dallo
Statuto dei Lavoratori, in base al quale non sono i lavoratori delle
aziende, attraverso il meccanismo elettorale, a scegliere i propri
rappresentanti, ma le segreterie dei sindacati stessi ad imporre, di
fatto, la propria volontà.
Né,
sostanzialmente, ha innovato la nuova disciplina delle Rappresentanze
Sindacali Unitarie (RSU), dato che, pur avendo fatto un passo avanti
consentendo anche la presentazione di liste non sindacali, continua a
prevedere una riserva di un terzo a favore dei sindacati
“maggiormente rappresentativi”
La
rete del cosiddetto collateralismo si è andata sempre più
allargando, aggiungendosi alla struttura sindacale quella di una
serie di circuiti culturali e non che, usufruendo di particolari
agevolazioni normative, anche di carattere fiscale, hanno cementato
un accordo fra i grandi padrini, le burocrazie partitiche , di queste
associazioni.
Un
reticolo, quello del collateralismo e delle clientele, che non
presenta grosse smagliature e che si salda con l’esigenza e la
giusta volontà di molti di operare a favore degli altri attraverso
strutture di volontariato.
Le due
Costituzioni
Da
quanto sin qui detto, emerge chiaramente quella realtà che alcuni
costituzionalisti hanno più volte sottolineato, ovverosia la
contemporanea esistenza di due Costituzioni, una formale, quella
approvata nel 1947, l’altra materiale, derivante da progressivi
atti concreti di potere che, di fatto, hanno sostituito una struttura
ordinamentale formale e democraticamente promulgata, con un’altra.
Molti
sono gli atti concreti che dimostrano l’esistenza di questa
Costituzione occulta, che dalla prima costituzione ha tratto forza e
vigore.
Progressivamente,
la nostra repubblica parlamentare si è trasformata in un qualche
cosa di non ben definibile.
Il
Parlamento è risultato sempre più incapace ed impossibilitato, per
i veti incrociati e le politiche partitiche imposte dalle segreterie
dei partiti, a legiferare con serenità e consapevolezza, aspetto emerso in maniera ancora più evidente durante l'ultimo periodo del governo Monti, quando questi partiti, puniti dal voto popolare del febbraio 2013, non sono stati in grado di fare neppure una riforma elettorale condivisa!
Troppe
volte si è trasformato in funzione notarile quella che è la
funzione legislativa.
La
consuetudine dei cosiddetti “vertici di maggioranza”,
ovverosia l’incontro dei vertici delle oligarchie politiche che si
trovavano, quasi casualmente, a sostenere i vari governi di questa
nostra repubblica, ha contribuito non poco allo svilimento del
Parlamento.
L’inefficienza
del Parlamento nell’assolvere alla funzione legislativa, abbinata
ad una volontà di regolamentazione ossessiva ed ossessionante che,
in cinquant’anni di pseudodemocrazia, ha prodotto ben
duecentocinquantamila leggi, oltre ad un numero non ben definito di
regolamenti, ha finito per contribuire ad una sempre maggiore
ingerenza della funzione propria del governo in quella legislativa.
Tutto
questo proliferare contribuisce a qualificare lo Stato italiano come
uno stato arcaico.
A
rendere ancora più arcaica la struttura legislativa del sistema
pseudodemocratico italiano concorre il fatto che, come sottolineato,
non è tanto il Parlamento che va legiferando, bensì il governo,
titolare della funzione esecutiva e non legislativa.
Di
fatto, grazie alla prassi, non costituzionalmente prevista, dei
vertici dei segretari dei partiti di maggioranza, il governo si è
trovato legittimato ad emanare un numero notevole di decreti legge,
ben al di là delle previsioni costituzionali.
Però,
dato il ferreo controllo esercitato sui parlamentari dalle oligarchie
partitiche che avevano, direttamente o indirettamente autorizzato il
governo ad emettere questi decreti, raramente si sono negati i
caratteri di costituzionalità di questi.
Anche
quando, poi, si è provveduto, seppur in ritardo, a dare attuazione
alle norme costituzionali se ne è verificata l’inefficacia e la
inadeguatezza.
Basti,
per esempio, pensare all’iter che ha portato alla istituzione delle
Regioni, previste dal titolo V, dall’articolo 114 al 133, con
l’approvazione della legge del 16 maggio del 1970, la numero 281.
L’istituzione
delle Regioni, ben lungi dal creare quello snellimento burocratico
nel quale credevano gli assertori del regionalismo, ha finito per
riprodurre, a livello locale, i vizi propri del governo centrale.
Quale
Costituzione?
A
questo punto nessuno può sottrarsi dal chiedere:
Oggi,
qual è la costituzione vigente? Quale dobbiamo modificare, se
riteniamo che sia necessario un cambiamento o, viceversa, quale
vogliamo rispettare, se vogliamo conservare il regime attuale?
Come
abbiamo avuto modo di esporre, coloro che ritengono superfluo pensare
ad una modifica radicale della Carta fondamentale sostengono che
essa, oggi, è ancora attuale e valida.
Le
cause di un cattivo funzionamento istituzionale, secondo questa
corrente di pensiero, sarebbero dovute alla mancata integrale
attuazione della Costituzione stessa.
La
terapia proposta consisterebbe, dunque, nel ripristinare l’impianto
originario della Carta, applicandone integralmente principi e
disposizioni.
Come
sopra esposto, risulta difficile credere alla bontà di un impianto
costituzionale che, di fatto, non è riuscito ad imporsi in quasi
cinquant’anni di validità, proprio nelle sue proclamate
ispirazioni democratiche!
Che
certi principi possano avere, ancor oggi un loro significato ed una
loro valenza, può essere, ma che l’impianto generale
dell’architettura istituzionale sia vacillante, quindi mal
costruito è altrettanto fuori di discussione.
Da
notare un’altra questioni non di poco conto; la Carta
Costituzionale sottintende, seppur mai esplicitandolo, un sistema
elettorale proporzionale, perché altrimenti non si capirebbero certi
meccanismi di elezioni di certi organi di garanzia e di controllo,
come ad esempio la Corte Costituzionale, per la quale l’art. 135 si
limita a dire che il Parlamento elegge, in seduta comune, un terzo
dei componenti.
E’
facile comprendere come, innestando un sistema elettorale
maggioritario in un contesto costituzionale proporzionalistico, sia
necessario creare un sistema di adeguate contromisure.
Tutte
ciò comporta che diventa essenziale la riscrittura di una Carta
Costituzionale che, sebbene in larga parte non attuata, non sembra
comunque in grado di offrire strumenti validi per affrontare una
sfida cosi' globale, mostrando tutte le crepe di una costruzione nata
sotto l'ancor troppo recente e bruciante ricordo di una dittatura e
di una guerra disastrosa.
I
tempi sono maturi, quindi, per una profonda riforma della
Costituzione e dello Stato; quale direzione, pero', debba prendere
questa riforma non può' essere decisa, oggi, da un'Assemblea
parlamentare che, pur nel pieno dei propri poteri e perfettamente
legittimata dalla volontà popolare, non ha ricevuto il mandato per
una riforma globale della Carta Costituzionale.
D'altra
parte lo strumento previsto dalla Costituzione, l'art. 138, prevede
si' un metodo per la revisione di singoli articoli, ma certo sembra
insufficiente per garantire la legittimità di una radicale e
profonda riforma istituzionale.
Una
inadeguatezza sicuramente più sostanziale che formale, più legata
al senso dell’opportunità che dal punto di vista strettamente
giuridico, però comunque di inadeguatezza si tratta!
Per
questo si ritiene necessario proporre la convocazione di un'Assemblea
Costituente che, eletta con il metodo elettorale proporzionale, abbia
il compito specifico ed esclusivo di provvedere alla stesura ed
all'approvazione di una nuova Carta Costituzionale che dovrà essere
promulgata dal Capo dello Stato in carica.
Sara'
in occasione della campagna elettorale che i singoli partiti o
movimenti avranno occasione di presentare all'elettorato le linee
direttrici della riforma istituzionale che essi propongono e saranno
gli elettori, eleggendo o non eleggendo i candidati dei singoli
partiti, che daranno una forte indicazione della propria volontà.
Le
osservazioni relative al ruolo del Referendum ed alla procedura
dettata dall'art.138, che da più parti vengono contrapposte a chi
chiede la convocazione di un’Assemblea Costituente, hanno profonde
ragioni d’essere.
Certo
è che la nostra Costituzione prevede un unico sistema di modifica,
ed è quello stabilito dall’art. 138.
Ma
questa obbiezione di carattere formale avrebbe senso e ragione di
essere se, oggi, vivessimo nell’ambito della Costituzione così
come è stata scritta e promulgata e se, soprattutto, vivessimo in
tempi “normali”.
Anche
chi non ama il richiamo a momento straordinari, ad emergenze, perché
sa che troppe volte una legislazione d’emergenza ha finito per
aggravare i problemi di democrazia, senza, molte volte, risolvere i
problemi per i quali era stata approvata, non può disconoscere la
realtà italiana di oggi.
In
definitiva, è giusto e legittimo che a decidere dell’assetto
futuro dell’Italia sia chiamato un parlamento scarsamente
rappresentativo - per le ragioni sopraddette - anziché il Popolo
Sovrano?
E’
accettabile che in virtù di un articolo di una Costituzione non
attuata, lacunosa e, nella sostanza, modificata nei fatti, possano
essere legittimati a far questo Senatori e deputati vincolati alle
oligarchie partitiche più che al rispetto della volontà dei propri
elettori?
Il tempo
stringe
Nuvole preoccupanti si stanno addensando all'orizzonte della democrazia italiana (democrazia?)
Ci
manca solo che questo parlamento sconclusionato, senza capo ne' coda,
senza una vera maggioranza, tutto teso nella guerra di tutti contro
tutti, metta mano in maniera tragicamente ultimativa alle riforme
istituzionali, che richiedono, invece, chiari rapporti fra le forze
politiche, un clima di costruttivo rapporto maggioranza/opposizione
e, soprattutto, idee chiare ed il più possibile vicine alla
sensibilità dei cittadini-elettori e non sudditi.
L'esigenza
di una riforma istituzionale e' diffusa e sentita dalla popolazione.
Perché
l'Assemblea Costituente piuttosto che un Referendum o l’
applicazione dell’art. 138?
Perché
la campagna elettorale che necessariamente comporterebbe un'elezione
plenaria proporzionale, introdurrebbe nel paese un dibattito
approfondito su temi di vitale importanza.
L'Assemblea
Costituente, proprio per la sua caratteristica, avrebbe una funzione
politica di mediazione fra posizioni diverse, il che non vuol dire
necessariamente consociativismo, ma ricerca di largo consenso sulle
regole che, partire dalla promulgazione della nuova Costituzione,
presiederebbero al comportamento di ognuno di noi.
Una
Costituzione uscita dalla volontà di un'assise costituente avrebbe
comunque un valore morale, etico e politico decisamente superiore ad
ogni modifica istituzionale imposta da una oligarchia politica e
partitica, comunque eletta.
Se
perdiamo questo momento, ci aspettano decenni di nuovo grigiore,
conformismo e disastri economici, politici, morali ed etici.
D’altra
parte, dobbiamo tenere conto del fatto che una Costituzione, come
diceva Calamandrei, è solo un pezzo di carta, un accordo, un patto
sancito fra i cittadini di uno Stato al fine di regolarne i rapporti.
Ma
questo pezzo di carta, assume un valore essenziale per la convivenza
civile ed affinché così sia, occorre che venga espresso un unanime
consenso nel riconoscerne validi i principi.
Aprire
un franco, anche aspro, dibattito costituente vuol dire porre al
centro dell’attenzione dei cittadini le regole fondamentali con le
quali essi si trovano a dover convivere e che costituiranno le basi
della successiva convivenza.
Di
fronte a tanti problemi, l’unica prospettiva che appare come
potenzialmente foriera di una vera svolta è la convocazione, dunque,
di una nuova Assemblea Costituente, in grado di redigere una
Costituzione meditata, ispirata ai principi che oggi prevalgono nella
società italiana e sufficientemente rispettosa della tutela delle
sensibilità e delle istanze minoritarie.
Un’assemblea
Costituente, dunque, ampia, con membri eletti con metodo
proporzionale, aperta il più possibile anche a gruppi minoritari,
dalla quale, dopo ampio, esauriente, anche vigoroso, dibattito possa
scaturire una nuova Carta, in grado di accompagnare l’Italia ad
affrontare degnamente le sfide del prossimo millennio.
Note per i più curiosi.......
1
gli articoli che riguardano il Presidente della Repubblica sono
quelli che vanno dal numero 83 al numero 91.
L’articolo 87 ne elenca le potestà.
Dalla lettura di questo emerge chiaramente la
sua funzione di “esecutore” notarile, infatti egli può,
autonomamente, inviare messaggi alle Camere, conferire onorificenze
e concedere la grazia, ma, per tutto il resto agisce in conseguenza
dell’azione altrui.
Così:
- Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo
- Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti
- Indice i referendum
- Nomina, nei casi previsti dalla legge, i funzionari dello Stato.
- Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici.
Al di fuori di questo, resta la Presidenza del
Consiglio Superiore della Magistratura ed il Comando delle Forze
Armate, anche se resta ancora irrisolta la questione relativa
all’effettivo comando delle Forze Armate in caso di guerra
2
L’articolo 90 recita testualmente:
“ il Presidente della repubblica non è
responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue
funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla
Costituzione.
3
l’articolo 83 recita:
Il presidente della repubblica è eletto dal
Parlamento in seduta comune dei suoi membri.
All’elezione partecipano tre delegati per
ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia
assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta ha
un solo delegato.
l’elezione del Presidente della Repubblica
ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi
dell’Assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la
maggioranza assoluta.
4
Articolo 83
5
articolo 85 comma 1
6
articolo 60 comma 1.
7
Articolo 67
8
Articolo 49
9
Articolo 41:
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà,
alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli
opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa
essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
10
articolo 42
La proprietà è pubblica o privata.I beni
economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e
garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di
godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e
di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi
preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi
d’interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della
successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle
eredità.
11
Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente
o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo
Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o categorie di
imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti
di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di
preminente interesse generale.
12
Che esistesse del marcio gli italiani se ne erano accorti in varie
occasioni. Sicuramente lo scandalo di maggiori proporzioni che
sconvolse l’Italia prima dell’operazione mani Pulite di Milano,
fu il caso Lockeed, quando potenti uomini politici come Gui e Rumor
vennero chiamati a rispondere davanti ad un tribunale delle accuse
di corruzione.
Ricordiamo che, anche a seguito di questi
fatti, divenne segretario della DC Zaccagnini, definito “l’onesto”,
e che la questione morale venne sbandierata da molti alfieri
politici, da La Malfa a Berlinguer.
13
Giorgio La Pira, morto nel 1977, fu sindaco di Firenze per tre
volte dal 1951 al 1964.
Rappresentò il mondo cattolico militante, sia
personalmente che politicamente.
Visse in una cella del Convento domenicano dei
San Marco.
Come sindaco, si dedicò ad un’intesa
attività a favore dei poveri.
La sua concezione politico-sociale tendeva a
caricare di connotati fortemente negativi la società capitalistica
e, quindi, denotava una notevole ostilità verso il profitto
individuale.
14
Uomo politico ed ecclesiastico, nato a Genova nel 1913, è il
patriarca fondatore della ex sinistra democristiana (ex nel senso
che è rimasta orfana di una DC disgregatasi sotto l’effetto dello
scandalo di tangentopoli.)
15
Lettera aperta del Vescovo di Ivrea al Vice-Presidente dell’Olivetti
pubblicata sul settimanale della diocesi di Ivrea Il Risveglio
popolare del 10 ottobre
1979 riportata da Giorgio Invernizzi in “Casi e
materiali di Strategia d’Impresa”, Etas Libri 1980 pag.53
Si riportano alcuni passi della lettera:
.non potremmo ... accusare le masse operaie di
aderire ad ideologie "materialiste", che per loro
significano invece l'impegno realista per la sopravvivenza e la
corresponsabilità sociale se chi preme sulla società dall'alto
delle proprie responsabilità davvero ritenesse che il solo guadagno
materiale va visto come norma delle proprie decisioni, e che il
lavoro umano non è che una "merce" tra le altre merci, da
comprare e da vendere secondo l'andamento del mercato. In tal caso
Marx riceverebbe una puntuale conferma delle sue analisi...
Quando le classi imprenditoriali prendono
decisioni che colpiscono duramente le categorie dipendenti, tanto
più se con effetti di intimidazione, in realtà fanno dichiarazioni
di guerra, esprimono già una decisione di lotta
La lotta delle classi dipendenti diventa cosi'
non un'affermazione ideologica, ma una "difesa di classe",
per il lavoro e la sopravvivenza, assurgendo a testimonianza
efficace e a contributo indispensabile per il rinnovamento profondo
di una società cosi' ingiusta e disumana.
Vorrei invece considerare quanta speranza e
quanta esemplarità potrebbe costituire, e non già per un piccolo
gruppo di privilegiati, ma per le grandi masse e per l'intera
collettività, lo sforzo di subordinare le esigenze della
produzione a quelle della collettività, riconoscendo nei fatti il
primato dell'uomo, che pure tutti proclamano a parole.
Perché, se è ben vero che l'economia è una
scienza e come tale ha le sue leggi ineluttabili, è altrettanto
vero che queste leggi possono essere valutate, discriminate,
orientate secondo finalità diverse.
16
Attraverso il sistema della preferenza multipla, il metodo
elettorale permetteva due cose.
Da una parte un controllo sul voto, realizzato
assegnando alle persone combinazioni di numeri (preferenze) diversi,
in modo tale da poter verificare se dall’interno delle urne tali
“combinazioni” uscissero o meno.
Dall’altra permetteva la realizzazione di
cordate, consentendo il successo di candidati meno conosciuti che,
comunque, si legavano al carro di un candidato più “quotato”.
17
Pur avendo subito una scissione, il potenziale elettorale del PCI
si è suddiviso fra il PDS, maggioritario, e il Partito della
Rifondazione Comunista (il quale, a sua volta, ha visto nascere la
diaspora dei Comunisti Unitari), rimanendo sostanzialmente
invariato.
18
La proposta di legge presentata da Bassanini, costituzionalista del
PDS e da Elia, costituzionalista del PPI, già Presidente della
Corte Costituzionale, consiste nella revisione dell’art. 138 della
Costituzione, sostituendo la parte che prevede la possibilità di
modificare la Costituzione stessa con maggioranza semplice.
I giuristi dello schieramento di
centrosinistra, infatti, propongono, in virtù dell’introduzione
del sistema maggioritario, di aumentare il quorum necessario ai due
terzi dei membri delle camere.
Ricordiamo il testo dell’art. 138:
“Le leggi di revisione della Costituzione e
le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con
due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e
sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna
Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum
popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne
facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o
cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge
sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla
maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è
stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a
maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
19
Articolo 3 comma 2
20
Recita il secondo comma dell’articolo 42
“La proprietà privata è riconosciuta e
garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di
godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e
di renderla accessibile a tutti.
21
Enciclopedia Italiana, edita dall’Istituto della Enciclopedia
Italiana fondata da Giovanni Treccani vol. XXXII pag.617
22
Si intende definire con tale termine una prassi ormai consolidata da
decenni, in virtù della quale molti importanti provvedimenti
legislativi, soprattutto in campo economico ma anche politico e
sociale, vengono preliminarmente discussi dal Governo con le
cosiddette parti sociali, in particolare i sindacati confederali -
CGIL, CISL, UIL- e le rappresentanze imprenditoriali -
Confindustria, Confcommercio etc. - .
Una volta definito un certo tipo di accordo,
il governo emana un decreto legge o, più raramente, un disegno di
legge; il Parlamento poi si troverà, di fatto, a svolgere un ruolo
notarile, limitandosi, con rare e non incisive modificazioni, a
prendere atto di quanto stabilito al di fuori dei normali canali
istituzionali.
23
24
Marsilio di Bonmatteo Mainardini, nato a Padova tra il 1275 ed il
1280, morto tra la fine del 1342 ed i primi mesi del 1343, autore
del Defensor Pacis, la maggiore opera di teoria politica scritta nel
Medioevo, affondando le proprie radici nell’esperienza dei Comuni
ed affermando la parità dei cittadini, senza distinzione di censo e
status.
25
Nel suo De L’esprit des lois, Montesquier esprime il concetto di
reddito dello Stato come parte del reddito privato del quale i
cittadini si privano per poter godere, con sicurezza, del rimanente.
26
Knut Wicksell, nato a Stoccolma il 20 dicembre del 1851 e morto il 3
maggio 1926 fu economista di grande valore e prestigio.
27
Knut Wicksell “Intorno a un nuovo principio di giusta tassazione”
in “Teorie della Finanza Pubblica”.a cura di Franco Volpi,
Franco Angeli Editore, Milano 1975, pagg. 134 e seg.
28
articolo 53 2 comma
29
articolo 43
30
articolo 42 ultimo comma
31
Knut Wicksell op.cit.
32
Secondo illustri opinionisti, politici e sindacalisti, l’Italia
sarebbe un paradiso per gli evasori e tali sarebbero, secondo questa
linea di illuminato pensiero, solo ed esclusivamente imprenditori,
artigiani, commercianti e liberi professionisti in genere.
Virtuosi forzati del fisco sarebbero, sempre
secondo questi illuminati, i soli lavoratori dipendenti, in virtù
del meccanismo delle trattenute obbligatorie sulle retribuzioni.
Come molte volte accade, la realtà è ben più
complessa della sua rappresentazione schematica ed ideologica.
Se sicuramente si nascondo ampi spazi di
evasione fra queste categorie, non si può dire che ne sia immune
almeno una buona parte dei lavoratori dipendenti, pubblici e
privati.
Troppo diffusa, infatti, appare la pratica del
cosiddetto doppio lavoro, consistente nello svolgere un lavoro
parallelo a quello ufficiale, rigorosamente “al nero”, così
vediamo operai comunali che si improvvisano giardinieri privati,
operai meccanici che imbiancano o si improvvisano idraulici,
insegnanti che danno ripetizioni e così via.
Per non dire, poi, che chiunque si trovi nella
condizione di acquistare un immobile prova l’irresistibile
tentazione di dichiarare un minor imponibile per risparmiare
sull’imposta di Registro o sull’IVA o, se dovuta, sull’INVIM.
La complicata impostazione burocratica
italiana, poi, rende inevitabile che una serie di piccoli lavori
domestici, come ad esempio l’attività di baby-sitter, sia svolta
regolarmene in nero, anche perché nessuna possibilità di
detrazione viene concessa a chi tale spesa deve sostenere, dovendo
lavorare o non potendo contare su famiglie estese.
Il tutto, ovviamente, alla faccia dei dettati
costituzionali e della tutela della famiglia!
33
Sergio Ricossa “Come si manda in rovina un paese” Rizzoli 1995 ,
pag.19
34
Enciclopedia Italiana, edita dall’Istituto della Enciclopedia
Italiana fondata da Giovanni Treccani vol. XXXII pag.619 a cura di
F.Battaglia e vol. XIV pag. 847 e segg.
35
ibidem pag. 21
36
ibidem pag. 23
37
Recita la XIII disposizione:
“i membri e i discendenti di Casa Savoia non
sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche
elettive.
Agli ex re di Casa Savoia e ai loro
discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel
territorio nazionale.
I beni esistenti nel territorio nazionale,
degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro
discendenti maschi, sono avocati allo Stato.
I trasferimenti e le costituzioni di diritti
reali su beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono
nulli.
38
Articolo 19 “Tutti hanno diritto di professare liberamente la
propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata,
di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il
culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”
Resta fuori dalla previsione costituzionale la
definizione di ciò che è buon costume, formula estremamente vaga e
che potrebbe valere, ad esempio, per impedire battesimi pubblici di
certe religioni di matrice gnostica, con immersione in acqua nudi o
per altri riti.
Come sempre, la nostra Costituzione si
preoccupa di tutelare sempre un certo tipo di cultura ed un certo
tipo di religione, pur dando l’impressione di essere libera e
democratica.
39
Ricordiamo, solo per inciso, che alcuni comuni liguri hanno emanato
ordinanze nelle quali si proibiva il passeggio in bikini alle donne
“Brutte”, arrivando addirittura ad istituire una commissione per
la definizione dei criteri di “Donna Bella”.
Per non parlare dei blitz anti-topless e di
altre amenità, fino ai divieti assurdi di fare castelli di sabbia
in spiaggia, di sostare la notte in riva a l mare eccetera
eccetera, tanto per dire che, se lasciamo i nostri legislatori
liberi di legiferare, sono in grado di partorire qualsiasi amenità,
più o meno dannosa.
40
Pietro Zullino "Forza, riscopriamo l'acqua calda" Il
Carabiniere maggio 1995
41
ibidem
42
ibidem
43
Il 30 giugno del 1973 il parlamento concesse la delega la Governo
per l’emanazione di decreti legge per regolamentare i rapporti fra
scuola e società.
Questi decreti videro la luce il 31 maggio del
1974 (nn. 416-420).
Prevedevano la costituzione di organi
collegiali a livello di circolo e d’istituto, distrettuale,
provinciale e nazionale finalizzati a realizzare la partecipazione,
nella gestione della scuola, di genitori e studenti, pur nel
rispetto degli ordinamenti statali e delle competenze del personale
docente, ispettivo e direttivo.
44
Il primo comma dell’articolo 33 recita, testualmente, che “L’arte
e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.
45
articolo 53: “ Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche
in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri
di progressività”
46
Varie sono le agevolazioni di cui godono le cooperative, senza
limite né di dipendenti né di fatturarlo.
Così, le norme valgono per il colosso CMC
come per la piccola cooperative di pulizie condominiali!
Così, non concorre alla base imponibile
quanto accantonato a titolo di riserva indivisibile.
Vi è una esenzione totale da IRPEG e ILOR per
tutte le cooperative nelle quali l’ammontare delle retribuzioni
corrisposte ai soci rappresentano almeno il 60% del totale delle
spese, mentre tali imposte sono ridotte al 50% se l’ammontare di
quanto corrisposto ai soci a titolo di retribuzione è inferiore al
60% ma superiore al 40% del totale delle spese.
47
Per non parlare dei vantaggi finanziari, dato che alle cooperative è
concesso remunerare i prestiti dei propri soci godendo di una
ritenuta fiscale secca che, fino all’ottobre del 1994, era del
12,5%, mentre sia i depositi bancari che le obbligazioni societarie
scontavano il 30%.
Da tale data anche le ritenute per i crediti
presso Cooperative sono state equiparate a tale importo.
Così queste società possono pagare i propri
debiti finanziari a percentuali sicuramente più basse di quanto
devono fare, in analoghe situazioni, i commercianti o, comunque, gli
imprenditori concorrenti che devono rivolgersi alle strutture
finanziarie bancarie.
Lo spreed di tasso fra un ipotetico 9% a
carico delle Cooperative e il 15% dei concorrenti non è certo cosa
da poco!
48
MARCO VENTURA “DIFFICILE INTERVENIRE SUI PRIVILEGI DELLE
CONFEDERAZIONI” in IL GIORNALE 30/10/95 n. 43
49
ibidem
50
ibidem
51
MARCO VENTURA “BUTTATI 1.200 MILIARDI PER I SINDACATI “ in IL
GIORNALE del 30/10/95 n. 43
52
ANTONIO SOCCI “NELLA LEGGE IL "MARCIO DEI 40MILA" in IL
GIORNALE del 30/10/95 n.43
53
ibidem
54
ibidem. Socci si riferisce alla campagna condotta da Il Giornale e,
soprattutto, dal suo direttore, Vittorio Feltri, per denunciare uno
scandalo tutto italiano, partitocratico e sindacatocratico.
La consolidata prassi adottata dalla maggior
parte degli enti pubblici, previdenziali e non, di concedere in
affitto a molti uomini dell’oligarchia, sia appartenenti a partiti
politici che ai sindacati, appartamenti a prezzi molto inferiori a
quelli di mercato.
Sicuramente in linea con quanto previsto dalla
legge sul cosiddetto equo canone, ma certo non congrui con le
entrate di cui questi personaggi possono godere, né con le finalità
sociali per le quali questi appartamenti, con questi canoni, sono
stati acquistati o costruiti!
55
VITTORIO FELTRI “SOLITI SCROCCONI E SOLITI COMPLICI” in IL
GIORNALE del 14/10/95 n. 242
56
ibidem
57
Knut Wicksell, nato a Stoccolma nel 1851, morto nel 1926, fu un
importante economista monetarista e teorico della scuola
marginalista.
58
K.Wicksell “Ein neues Prinzip der gerechten Besteuerung” in
Finanztheoretische Untersuchungen, G.Fischer Jena 1896
59
Knut Wicksell “Intorno a un nuovo principio di giusta tassazione”
in “Teorie della Finanza Pubblica”.a cura di Franco Volpi,
Franco Angeli Editore, Milano 1975, pagg. 134 e seg.
60
Giovanni Bognetti "Quando lo Stato contratta" Il Sole 24
ore, 9/6/1995 n 152
61
Marco Ventura “E sulle trattenute << tradito>> il
voto”, Il Giornale 30/10/1995 n. 43
62
Secondo un’inchiesta condotta da Il Giornale, i patronati
costano, mediamente, circa 500 miliardi l’anno allo Stato.
63
Il termine “Peronismo” viene evocato, in molte occasioni, nei
dibattiti politici italiani.
Solitamente si tende ad identificarlo con una
concezione paternalistico-populista, caratterizzata dalla presenza
di un leader carismatico, autoritario ma non dittatoriale.
Il termine viene mutuato dal movimento
politico-sociale argentino, a forte caratterizzazione nazionalistica
e populista che aveva, quale proprio leader il presidente Peron.
In questo caso, si tende ad identificarlo con
altre caratteristiche proprie del peronismo, quali, ad esempio, il
coinvolgimento di vertici sindacali - di regime - nella gestione del
potere; cosa, a ben vedere, molto assimilabile ai concetti neo e
paleo-corporativi, siano essi di espressione fascista o di
derivazione cattolica e comunista.
64
articolo 83 della Costituzione
65
La proposta del metodo elettorale cosiddetto “a canguro”, è
stata avanzata dall’ex ministro delle riforme istituzionali, l’on.
Speroni, il quale prese ad esempio il sistema elettorale
australiano consistente in un particolare tipo di doppio turno.
66
Geronimo, come ha avuto modo di spiegare Vittorio Feltri, direttore
de Il Giornale, è lo pseudonimo utilizzato da vari osservatori
politici ed economici collaboratori, in incognito, del quotidiano
feltriano.
Fra i vari commentatori, come ha rivelato
sempre Feltri, figura anche l’ex ministro democristiano Paolo
Cirino Pomicino.
67
Geronimo “Perché il maggioritario non ci ha salvati dal caos”
in Il Giornale 20/11/95 n. 46
68
Il sottobosco del potere è sicuramente molto ricco, vi abbondano
posti poco appariscenti ma redditizi e, soprattutto, capaci di
garantire il collocamento o il soddisfacimento delle esigenze delle
varie clientele elettorali.
E’ costituito dalla miriadi di enti, più o
meno inutili, che ancora, nonostante la decennale esistenza di una
legge che avrebbe dovuti sopprimerli, mostrano una ben determinata
volontà di sopravvivere; sicuramente più ambio è il collocamento
nella struttura i uno dei tanti enti pubblici di maggior prestigio;
dal collocamento in un ente di serie A o di serie B si determina il
potere del padrino politico del raccomandato ed è attraverso la
capacità di gestire le clientele attraverso l’ente, più ancora
che dell’ente, che si acquisiscono quei meriti che, se apprezzati
e riconosciuti, possono aprire le porte del Parlamento o di qualche
grosso Consiglio di Amministrazione.
69
Primarie: si propone la sintesi del testo di un disegno di legge di
iniziativa popolare proposto dalla lega per le Primarie.
Tale testo appare come una bozza indicativa,
utile per avere un esempio di come potrebbero essere strutturate
delle elezioni primarie; le percentuali indicate, quindi, dovrebbero
essere oggetto di maggiori approfondimenti.
Art. 1) La nomina dei candidati alle elezioni
della camera dei deputati e del Senato avviene tramite elezioni
primarie che si tengono immediatamente dopo il decreto di
scioglimento delle Camere emanato dal Presidente della repubblica
Art. 2 ) A partire dalle 24 ore
successive.....in ogni Ufficio elettorale dei Comuni si apre
l'Ufficio Elettorale Primario sotto la responsabilità del Sindaco o
del Commissario Prefettizio facente funzione.
All'Ufficio Elettorale Primario compete
l'obbligo di accettare le candidature e redarre apposite liste di
candidati che verranno esposti in tabelloni ben visibili all'interno
ed all'esterno del Comune.
Art. 3) Tutti i cittadini italiani
residenti... nel collegio elettorale.....hanno diritto di proporsi
come candidati alle Elezioni primarie.
A tal fine ogni cittadino deve presentarsi
all'U.E del proprio Comune di residenza e dichiarare per iscritto la
propria volontà di presentarsi come candidato, tale dichiarazione
essendo controfirmata da cinque testimoni e accompagnata da un
versamento in contanti di lire 500.000.
L'U.E. ...(rilascia il certificato etc.)
Art. 4) Non è obbligatoria l'iscrizione a
qualsivoglia partito politico per la partecipazione alle E.P..
Purtuttavia i citttadini che intendessero
candidarsi in partiti rappresentati in parlamento, dovranno
accompagnare la dichiarazione di cui all'art. 3, da una approvazione
scritta e firmata dal capo gruppo parlamentare del partito scelto...
Nel caso di partiti non rappresentati in
Parlamento, la dichiarazione deve essere accompagnata da una
dichiarazione scritta e firmata dal responsabile legale del partito,
così definito dal registro delle Associazioni presso i Tribunali di
Corte d'Appello.
Art. 5) Il periodo di accettazione delle
dichiarazioni di cui al'art. si protrae di 15 gg solari...3 gg dopo
iniziano le elezioni primarie, che si protraggono per 7 gg solari.
(o 24 ore - variante).
Art. 6) L’Elezioni Primarie si svolgono
negli UE comunali.
Ogni cittadino può votare per un unico
candidato, rispettivamente per la Camera e per il senato...
A tale fine il cittadino riceverà, all'atto
della votazione, il proprio certificato elettorale su cui apporrà,
a votazione avvenuta la propria firma e la dicitura Ho Votato.
Il voto viene espresso su scheda intestata del
comune...mediante scrittura del nome e cognome del candidato
prescelto.
Art. 7 ) Lo spoglio delle schede delle EP
avviene a cura dell'UE comunale sotto il controllo del sindaco o suo
delegato.....
Art. 8) Vengono proclamati candidati alle
elezioni politiche generali:
a) all'interno di un partito politico già
presente in Parlamento... il candidato primario che ha ricevuto la
maggioranza relativa dei voti espressi per la totalità dei
candidati di quel partito. In caso di candidatura unica il candidato
deve ricevere almeno il 10% del totale dei voti espressi nel
collegio per essere proclamato.
b) All'interno di un partito non
rappresentato... viene proclamato candidato.... chi ha ricevuto la
maggioranza relativa dei voti espressi per la totalità di quel
partito, ma solo nel caso che la totalità di tali voti sia almeno
il 10% del totale dei voti espressi nel collegio.
c) per le candidature indipendenti vengono
proclamati... tutti coloro che abbiano ricevuto almeno il 10% del
totale dei voti del collegio.
70
Ricordiamo infatti che il metodo elettorale scelto dal Parlamento e
che ha regolato le elezioni politiche del 27 marzo 1994, prevede che
il 25% dei deputati venga eletto attraverso il sistema elettorale
proporzionale con uno sbarramento del 4%.
71
Ricordiamo che il termine “Ribaltone” è entrato di diritto nel
lessico politico italiano allorquando la Lega Nord, guidata da
Umberto Bossi, dopo aver dato vita ad un’alleanza elettorale con
Forza Italia, riunitisi, nel nord Italia, sotto il simbolo del Polo
delle Libertà, si è defilata dalla maggioranza parlamentare uscita
vincitrice dalle elezioni del 27/3/1994, presentando una mozione di
sfiducia firmata insieme a PDS e PPI proprio contro il governo
Berlusconi al quale partecipavano alcuni ministri leghisti.
Il termine ribaltone tendeva a qualificare
negativamente la nascita di una nuova maggioranza di governo che
comprendesse la Lega e le forze politiche uscite sconfitte dalle
elezioni, dopo aver relegato all’opposizione i partiti politici
che, al contrario, le elezioni avevano vinto.
72
Nel caso del Presidente delle regioni, infatti, si è creato un
meccanismo che, oltre a premiare la coalizione vincente,
assicurandole comunque la maggioranza assoluta nell’Assemblea
Regionale, si è stabilito il principio del simul stabunt, simul
cadunt; ovverosia se cade il Presidente cade anche l’intera giunta
ed il Consiglio, così da dover tornare alle elezioni,.
73
Pietro Zullino "Forza, riscopriamo l'acqua calda"
Il Carabiniere maggio 1995
74
Per indicare sia la scarsa considerazione in cui è tenuta la larga
maggioranza dei deputati e dei senatori nonché la loro ininfluenza
sulle sorti reali delle principali norme legislative, molti anni fa
venne coniato il termine di “Peones”.
Un termine preso a prestito dallo spagnolo per
indicare sia la precarietà di questi parlamentari, che, come i
peones indios vanno mendicando un posto di lavoro per l’oggi,
senza certezze per il futuro, sia la totale sudditanza al vero
potere che sovrasta il Parlamento, quello delle segreterie politiche
dei partiti.
75
L’art. 70 della Costituzione recita: “La funzione legislativa è
esercitata collettivamente delle due Camere”
76
I due rami del Parlamento sono chiamati ad esprimersi sulla stessa
disposizione legislativa fino a quando il testo licenziato dall’uno
non sia identico a quello dell’altro.
Questo comporta che, a fronte di una seppur
minima differenza fra il testo approvato dalla Camera e quello del
Senato, la Camera sia costretta a mettere in calendario il riesame
di tutto il testo normativo, senza la certezza che, a sua volta,
introduca altre variazioni che comportino un riesame del senato.
Per questa particolare prassi è stato coniato
il termine di “navetta”, per indicare proprio il continuo
viaggio compiuto da ogni disposizione legislativa fra l’uno e
l’altro ramo.
77
La demagogia imperante impedisce a molti illustri politici di
difendere la dignità ed i costi della politica, quasi che
giustificando il diritto del parlamentare ad una giusta mercede si
legittimino prassi e meccanismi perversi di finanziamento
fraudolento.
In realtà la necessità di una lauta
retribuzione per il cittadino che operi, da deputato o senatore, al
servizio della nazione, appare come una conquista dei sistemi
democratici.
Se così non fosse, com’era nell’Italia
dei primi anni unitari, solo chi dispone di laute entrate economiche
potrebbe permettersi di concorre all’elezione.
In realtà, proprio una più che elevata
remunerazione del singolo deputato o senatore, limitando, al
contrario, il finanziamento ai partiti, potrebbe, progressivamente,
garantire indipendenza ed autonomia al singolo parlamentare,
affrancandolo dalla schiavitù del partito politico; ciò
consentirebbe al cittadino deputato di poter rispettare l’art. 67,
rappresentando liberamente e compiutamente la Nazione e non il
partito.
78
Il fatto che, nella coscienza popolare, i politici siano considerati
parassiti e che ben poca stima vi sia dell’uomo politico, mentre,
in maniera inversamente proporzionale, vi è una grande
considerazione del presunto potere che costui viene accredito di
possedere, evidenzia il grave stato di crisi nella quale versa la
politica e la democrazia italiana.
79
La struttura politica ed organizzativa dello stato accentrato, come
è quello italiano, con scarsa disponibilità ad una effettiva
delega locale, fa sì che, di fatto, ogni singolo provvedimento
debba passare al vaglio delle due camere.
In sede di approvazione della finanziaria, ad
esempio, ogni deputato finisce per portare all’attenzione di un
consesso nazionale singole esigenze che, bene e meglio, sarebbero
trattate in ambito regionale o, addirittura, comunale.
In occasione del dibattito sulla finanziaria
per il 1995, ad esempio, vi furono episodi al limite del grottesco.
La Camera discusse per oltre mezz’ora sulla
decisione di stanziare o meno la cifra di un miliardo per affrontate
il problema degli animali selvatici (cani e gatti, non certo leoni o
pantere), animali che si trovano ad aggirarsi per città e paesi
“senza fissa dimora”. L’opposizione dei deputati di
Rifondazione Comunista, parlò per loro l’on. Rossana Moroni, fu
dettata dal fatto che uno stanziamento di pari importo per
l’acquisto di preservativi da destinare alla lotta contro l’AIDS
era stato bocciato il giorno prima (sic!).
80
Il termine lobby è di chiara origine anglosassone,
identifica il raggruppamento di più persone portatrici di un
interesse particolare che, attraverso un’azione di pressione,
tendono ad influenzare le scelte politiche delle assemblee
parlamentari.
Nell’ambiente costituzionale anglosassone la
pratica lobbistica è regolamentata ed accettata, mentre in Italia,
seppur esistendo una qualche forma di regolamentazione, non esistono
garanzie di adeguata trasparenza sull’attività delle singole
lobby.
Molte delle quali, peraltro, non risultano
palesate.
81
Recita l’art. 77 2 comma: “Quando, in casi straordinari di
necessità e d’urgenza, il Governo
adotta, sotto la propria responsabilità, provvedimenti provvisori,
deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere
che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono
entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin
dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta
giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono
regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti
non convertiti.”
82
Questa prassi dell’emanazione del decreto omnibus, benché
contrario anche a certe norme introdotte dai regolamenti
parlamentari, resta, comunque, una cattiva abitudine della
decretazione ministeriale.
83
Sebastiano Vassalli “La Chimera” Einaudi 1992, pag. 44
84
A partire dal 1994 coloro che si riconoscono nella leadership
dell’on. Marco Pannella si sono costituiti in Movimento dei Club
Marco Pannella, dato che il Partito Radicale si è trasformato in
partito transnazionale, ovverosia in partito che accoglie, al
proprio interno, militanti di tutto il mondo e che si occupa di
questioni politiche internazionali.
Le ultime battaglie politiche sono state
quelle per l’istituzione di un Tribunale permanente Internazionale
per i crimini di guerra, base per una solida giurisdizione
internazionale sotto le bandire dell’ONU e l’impegno per la
sospensione della pena di morte entro il duemila in tutto il mondo.
Nel corso del 1995 l’ONU ha riconosciuto il
PR come organismo consultivo non governativo.
85
L’art. 75 recita: “ E’ indetto referendum popolare per
deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un
atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila
elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi
tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto. di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
La proposta soggetta a referendum è approvata
se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi
diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente
espressi.
La legge determina le modalità di attuazione
del referendum.
86
Ricordiamo il mancato raggiungimento del quorum per il referendum
sulla caccia.
87
Geronimo “Perché il maggioritario non ci ha salvati dal caos”
in Il Giornale del 20/11/95 n. 46
88
Mauro Calamandrei “Camere non comunicanti” in Mondo Economico
del 5/6/1995
89
Poiché, in virtù delle rigide norme imposta dallo stato cinese al
fine di limitare la proliferazione delle nascite, le coppie possono
avere un numero limitato di figli, dato che la mentalità contadina
esalta la nascita di un figlio maschio tanto quanto depreca quella
di una femmina, nell’assoluta mancanza di proteste ufficiali e
senza alcun tentativo di intervento statale, nelle campagne cinesi
moltissimi neonati vengono uccisi avendo la cola colpa di essere
femmine.
90
Nell’ambito dei tanti trattati sul commercio internazionale, dal
GATT all’Uruguay Round, si dovrebbero inserire clausole di tutela
e salvaguardia dei diritti dei lavoratori, in modo da debellare la
piaga della riduzione in schiavitù che, di fatto, continua a
mietere vittime in tanti paesi, dalle miniere d’oro dell’Amazzonia
alle fabbriche di bambole della Thailandia, senza dimenticare quelle
realtà extraterritoriali che, anche in Italia, sono rappresentati
dai quartieri cinesi.
A questo proposito basti ricordare le
condizioni di vita spaventose nelle quali vivono e lavorano decine
di persone nella civile S.Donnino, alle porte di Firenze; nonostante
l’esistenza di leggi e strutture di controllo, un malinteso
politico, quello di un solidarismo cieco ed ottuso, si lascia fare,
si evita di intervenire essendo incapaci di capire che un intervento
per ripristinare la legalità non rappresenterebbe un atto di
razzismo ma solo un dovere giuridico ed una salvaguardia di chi,
oggi, lavora in condizioni di semi se non totale schiavitù.
Nessun commento:
Posta un commento